Vico Acitillo 124
Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Fabrizio Rizzi: Diario di bordo
di Antonio Spagnuolo



Fabrizio Rizzi, Diario di bordo – storia di Malinka e del suo dottore
Ediz. Bollati Boringhieri, maggio 2000
pagg. 144, L. 30.000

“Questo particolare tipo di silenzio
che è sceso piano
tra le mie labbra e gli occhi chiusi
a mezzo di un sorriso,
che non ti so spiegare, è così difficile…”

I simboli  tornano ad alternarsi nella narrazione di un caso clinico, fra racconto e poesia,
e riescono a ricreare quegli spazi interni che contengono la sofferenza, il dramma, la storia
di una giovane croata, Malinka, desiderosa di riacquistare quell’equilibrio lentamente
ed involontariamente abbandonato negli anni.
I dialoghi, tratti con magistrale accortezza dal succedersi delle sedute analitiche e dalle immagini
oniriche, qui espresse in forma di versi, acquistano quel ritmo che sostiene la piacevole immersione
nell’esperienza: una vita, un passato, un futuro da ri/leggere con la conoscenza degli inganni
che la realtà sottende ad ognuno di noi.
Nel luogo della conoscenza non si possono costruire quelle certezze che sono sospese per lo più
a delle scappatoie intellettuali, sfuggenti come le figure del sogno, o incerte come le violenze
del quotidiano, cercando di uscire ancora una volta dal simbolo, dal pensiero, dall’immagine,
per prendere forma e sostanza coinvolgente.
Malinka gioca molte carte del suo ricordo: dalla madre, donna infelice per la un matrimonio fallito,
per l’uomo che le si allontana sino a sparire in una nebbia incerta, ai compagni di infanzia violenti
e incomprensibili, a una barca a vela molto grande che la porterà lontano dai suoi luoghi,
nell’incertezza delle onde.

“Per stare su di una barca a vela, per quanto grande,  ci vuole pazienza e un certo spirito di sacrificio…
è là che a Malinka successe qualcosa di strano. Fu come se la sua memoria antica e ormai sepolta
da anni riemergesse come un fiotto di lava di un vulcano in eruzione. Aveva ritrovato un pezzo
della sua anima, i suoi primi nove anni di vita che tornavano tutti a galla con una prepotenza essa
stessa infantile. Si accorse di riprendere a pensare in croato…riprendeva qualcosa di quella piccola
bambina di tanti anni prima…”

La storia ha come costante la metafora:

“Il vento – l’odore del mare –
la luce del tramonto appena spento
restano a lungo negli occhi che li guardano
celebrano la regina dentro di te
lasciano un segno che seguirà alla notte,
che ci proteggerà
per quanto buia, anche se nemica ed insicura…”

Ed attraverso la metafora ripercorre il cammino di una donna affascinante ed affascinata, un percorso
lungo al fianco del suo medico, che a tratti e molto spesso acquista la figura del partner o del compagno,
perché nel fondo del suo cuore ella vorrebbe sempre più avvicinarsi a lui, il solito lui che  sta dietro
al divano, che non lo si vede, ma lo si sente, e come.
Potrebbe innamorarsi di lui. Potrebbe innamorarsi di lei.
Un particolare tipo di innamoramento, che lei chiama malattia esantematica, quello strano tipo di malattia
di crescita che a volte può e forse anche deve esserci perché uno la viva.
In una eccezionale strategia di scrittura l’autore riesce a rivivere una particolare storia della sua vita,
attraverso quei significati essenziali della propria e dell’altrui esistenza, e con il garbo della relazione
concreta ed onesta, nella quale il dettato poetico sottende come un fertile terreno, che restituisca
la visibilità dell’esistenziale in una combinazione ritmica ed intensa.


Indice recensioni e note critiche
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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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