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Poetry Wave

Recensioni e note critiche

Alda Merini, Superba è la notte
di Raffaele Piazza



Alda Merini, Superba è la notte
Einaudi, Torino, 2000, pagg. 75
Lire 15000

 Alda Merini, che nel panorama della poesia italiana contemporanea può considerarsi appartenente ad un'esperienza appartata, ci offre con questa nuova raccolta un'altra prova della sua personalità di poetessa in tensione con tutti i livelli dell'esistenza: maternità, amore, quotidiano e, anche con la poesia stessa; figura di donna che (anche per la sua vicenda personale) trasmette al lettore dei suoi componimenti un'espressione della sua carica umana ed emotiva, che, attraverso le parole, tende continuamente ad accensioni e climax di straordiaria forza icastica e generativa di ipersegno che porta ad interrogarsi sul destino umano sulla morte e sul senso e il fondamento di ogni essere umano: la Merini tuttavia costruisce composizioni sempre di livello poetico molto alto (e questo significa che il suo fare poesia non è mai pura effusione dei suoi traumi e non diviene mai uno sfogo del dolore di un vissuto); anzi quello che avviene nelle sue pagine è il contrario: l'incandescente materia fatta di luci fortissime che balenano nella plumbea notte della vita (da qui il titolo della raccolta), caratterizzata da metafore e sinestesie di indubbia bellezza nella loro frequenza che è sempre permeata da un ritmo frenetico, fa in modo che il discorso si dipani fluido, per quanto spesso gridato, composto: la forma nella sua originalità è sempre controllata: le forti emozioni delle tribolazioni vissute in prima persona, attraverso la sua liricità densa nel suo presentarsi sempre metafisica e mistica, misticismo che ha il suo opposto dialettico in un erotismo forte, espressione di sentimenti lacerati e ricomposti in parole, diviene viatico nel percorso di una redenzione, di un riscatto, che va ben oltre la vittoria al Viareggio, i vari libri einaudiani e i lusinghieri apprezzamenti critici di Raboni e Spagnoletti: la poesia serve a salvarsi la vita, a proteggere verità, a creare, se possibile o almeno a raggiungere nel sogno della notte e del giorno, o in un traslato di riverì, di sogno ad occhi aperti, un luminoso varco dove i pezzi si aggiustano, le tessere costituiscono il mosaico e l'eterno ritorno dei giorni possa accogliere la bellezza dell'esistere:-" Mancava un palloncino nella mia vita/ da appendere sui muri/  da tenere come un gioco di carta/ mancava un palloncino che mi scoppiasse tra i denti/ mancava l'ombra di un vecchio mare perduto/ mancava l'ombra, la sconclusione/ il vile ricatto della vita./ Poi sei venuto tu che eri un amore/ e mi hai lasciata sola"/.In questa poesia, nella quale il significato è irrelato ad un'emozione, che produce una forma, è bene ripeterlo, sempre sorvegliata e controllata, la Merini crea, attraverso il simbolo del palloncino, strumento di gioco che potrebbe essere anche quello erotico o sentimentale, l'eco di qualcosa che è mancato e che potrebbe far risorgere dalla notte una luminosità nuova: oppure il palloncino potrebbe divenire un mezzo, visto che è più leggero dell'aria, per risalire dalle tenebre alla luce.
 La Merini si esprime nei termini di un descrittivismo naturalistico: tuttavia quella della Merini pare per molti aspetti una natura metafisica fatta di oggetti e elementi rinominati nella loro funzione attraverso quel sogno di cui si diceva, la leggerezza e la sospensione fanno in modo che il dettato sia forte ma nello stesso tempo permeato da una non inutile ricerca... come quando nella poesia "Poeti", una tra le poche ad avere un titolo, percepiamo distintamente l'anelito ad accomunarsi agli altri che praticano la poesia in un segno di comunione o di compassione:-"E tutti noi costretti dentro/ le ombre del vino/ non abbiamo parole né potere/ per invogliare altri avventori./ siamo osti senza domande.../". Sei i poeti non hanno domande questo è un buon segno, potrebbe dire che alle risposte si ci può avvicinare, sempre vedendole da una distanza ragguardevole e filtrata dai nostri sensi, anche attraverso vocazioni rare come quella della Merini.


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Immagine: Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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