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Poetry Wave
 
 

Recensioni e note critiche
Silvia Bre: Le barricate misteriose
di Raffaele Piazza



Silvia Bre, Le barricate misteriose
Einaudi, Torino, 2001, pagg. 120, lire 18000
 

Silvia Bre, poetessa nata a Bergamo e residente a Roma, con questa composita raccolta, tra le tre vincitrici del Premio Montale 2001, riesce a coniugare felicemente visione e quotidiano, illuminazioni e descrizioni, con uno stile connotato da un’estrema originalità, da una grazia leggera e, potremmo dire, femminile; la sua cifra distintiva, d’altro canto, ci si presenta caratterizzata da nitore e, nello stesso tempo, da una grande forza espressiva, con la particolarità, e questo va detto a merito dell’autrice, di una percezione, da parte del lettore, di uno sforzo minimo, nell’atto della stesura del testo, per cui le parole sembrano sgorgare da una sorgente purissima, quasi con spontaneità.

Un’altra caratteristica di questo libro è quella della sua chiara progettualità che ha il suo primo riscontro nell’evocativo titolo, a conferma di una notevole coscienza nella realizzazione di tale opera: in realtà, in tutte le sezioni in cui è scandita, si avverte il motivo della concezione esistenzialistica, dell’idea guida che è alla base della raccolta: le barricate misteriose, infatti, fanno chiaramente trapelare la concezione della vita della poetessa e, altro non sono, che i limiti spazio-temporali, nel loro mistero, che Silvia Bre accetta come contenitori e limitazioni della vita umana, anche se, talvolta, pare, in alcuni componimenti, di percepire improvvise accensioni di speranza, aneliti, verso qualcosa d’infinito, appunto per dare senso all’incompiutezza della vicenda umana.

Canto privato, quello della Bre, eppure sorretto dal desiderio di comunicare, di mettersi in consonanza, quasi cosmicamente, con quello di tutti quelli che, in ogni epoca storica, hanno anche innalzato un canto. Così il discorso di poetica, visto questi presupposti, finisce con l’autoriflettersi su se stesso, essendo proprio la poesia a veicolare la possibilità di una certa armonia e di un ordine nella vita: e la tensione verso questa armonia la si può riscontrare in una ricerca metrica e formale come, per esempio in questi versi, nei quali si avverte un uso consapevole e riuscito dell’endecasillabo …Ecco che piove/ come se da lontano un cuore astrale/ lasciasse andare ogni ragionamento,/ e noi sentiamo scorrere il minuto/ che ricompone il mondo di un pensiero-/ ed è il tempo di un bacio, di un saluto.// Di tali cose l’esistenza ha amore//.

Gli scorci naturalistici, inquadrati in un quotidiano solo in apparenza a volte minimale, sono frequenti e non si fermano mai alla descrizione tout-court, ma sono espressione di una natura interiorizzata nel suo mistero, forse, a volte, come espressione, tra le altre presenze, di quelle misteriose barricate che, se a volte ci opprimono ricordandoci i nostri limiti, altre volte possono darci l’impressione o la sostanza di una protezione:-“/Io vado destinata a un sentimento/ che ha la forma di un parco che ora vedo,/ e ciò che vedo è il viale in cui l’inverno/ è rami, pietra, acqua, tramontana,/ e passi di una donna che cammina/ Ma per come procede e come leva( lo sguardo secolare sulle foglie, lei è la specie, a lei torna la rima/ nella quale riposa il mondo intero-/ così la qualità del giorno vaga/ continuamente tra le parole e il cielo/.” In questo componimento appare, innanzitutto. la descrizione, fatta con la consueta eleganza dall’autrice, di un quasi panteistico abbraccio dell’io-lirico con la forma consueta e familiare del parco, e poi la presenza, appunto misteriosa, di una donna che cammina nel parco che potrebbe essere un doppio o un’immagine speculare della poetessa.

In questa raccolta di Silvia Bre, pare di cogliere, pur rimanendo nell’accettazione dei confini dell’umano, un’altra possibilità, quella della parola poetica che attraverso il suo dirsi, riesce a trovare il significato ed il bene, anche in ciò che, per altri motivi, risulterebbe insensato.

Pare, tra i contenuti di questa poesia, di avvertire un continuo interrogarsi da parte della poetessa, prendendo spunto dalle più varie occasioni della vita e un suo riferirsi, di tanto in tanto, a interlocutori, o comunque, a creature a cui relazionarsi anche se non possono rispondere:-“/La mia lezione è il melo, in cima al colle:/ e vengo a visitarlo per parlarne,/ fondo il mio impero di meditazione/ evocando i suoi frutti, i rami astratti/ che vanno nella nebbia./ Io non incontro il melo, lo figuro,/lo rendo naturale nel mio giorno:/…c’è un attimo in cui sembra di sentire/ che le parole e il mondo sono uguali/.. Complesso nel suo tessuto sintattico e autoriflessivo e sotteso comunque a una speranza, almeno nella parola poetica, il discorso dell’autrice, prezioso stilisticamente e concettualmente, ha anche la qualità di dipanarsi attraverso una parola concentrata e densissima, con un andamento sempre sorvegliatissimo.


10 giugno 2001


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Immagine:
Antonio Belém, Phorbéa, Napoli 1997


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Otto Anders