VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Sans passion il n'y a pas d'art

Eidola
Blowup


Il prezzo del sangue
di Marco Salvia

 
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Chi scrive di Napoli, tende a farsi trascinare spesso non tanto dalla re­torica sempre in agguato, ma da una sorta di schieramento affettivo o re­pulsivo inconscio, che lungi dall' essere duplicato del reale è invece ripro­duzione intima dei sentimenti di amore od odio che lo scrittore stesso in­consapevolmente o meno riversa sulla città. Ma quali sono i sentimenti reali della gente che vive qui?
Non avevo mai pensato di scrivere di Napoli, ma incontrando lo straordinario archivio fotografico di Stefano Renna quattro anni or so­no, ho avuto come una folgorazione. Quelle foto parlavano, raccontava­no, commuovevano, più di ogni parola scritta che avevo mai letto.
Avevano soltanto bisogno di un piccolo aiuto, di un medium in più.

Così ho pensato alla poesia, al racconto, e sono nate le opere che si basa­no su quel/' archivio fotografico e di cui questo libro è la prima prova sul campo.
Quando un solo autore interpreta tutto un mondo, questo diviene per forza di cose un mero riflesso del suo pensiero, più che affresco sulla globale e sfaccettata realtà.
Parlare di Napoli da solo, dunque, mi sembrava cosa inaccettabile, così, truccando le carte, ho pensato di far parlare, a tratti in prima perso­na, Napoli stessa. Pezzi di Napoli, pezzi della sua realtà fisica, pezzi del­la sua realtà umana. I personaggi di quella Napoli che se entra nei ro­manzi o nei racconti vi accede oggi con una sorta di "giustificazione fir­mata dalla maestra" e senza i necessari connotati che conferiscono quell/' autenticità alla letteratura, cosa cui tengo molto e di cui tra l'altro tan­to si sta discutendo. Non dimentichiamo però che a Napoli il paradosso è verità e non aspettiamoci asettiche riproduzioni del reale, ma come sempre farsa, tragedia, umorismo e miseria, mescolate insieme in un ve­ro pastiche dal quale questa volta sarà difficile uscire, ma che nell'insieme io credo comunichi un sentimento globale di cosa è Napoli oggi in modo esaustivo ma breve, ampio ma circoscritto, immediato, intuitivo, fotografico.
A questo copione, fatto di elementi ben noti nel nostro teatro e nella nostra letteratura, ho cercato di aggiungere un solo necessario elemento, un sentimento intimo che si è più pudichi nel manifestare che il suo na­turale opposto, in quanto di tale cancrena dell'animo non c'è da vantarsi.
L'odio per quello che è stato, potrebbe, e non sarà è il fattore in più che
lo scrittore offre, ma solo perché questo è rimbalzato nel suo petto attra­verso la disperazione, l'umorismo e la rassegnazione dei suoi personag­gi. Ma come sempre dove c'è odio, c'è anche altro.
Va bene, basta così, comunque sia la valutazione è vostra e non mia, quindi sospendo questo gioco delle tre carte.

Facciamo parlare.
Sentiamo cosa ci raccontano delle loro vite il camorrista che uccide per 1000 euro, e la madre con il figlio criminale morto ammazzato e ora ste­so sotto un lenzuolo in mezzo alla strada, ma anche quello che pensa e dice il venditore di lupini che vende i suoi semi nella vie bene della città, emblema di un sentire del popolo nei confronti dei "signuri". sentire che mai si è estinto e mai si estinguerà se le condizioni restano immutate. Ascoltiamo pure il disoccupato organizzato e l'occupato disorganizzato, figure che ormai fanno parte del presepe di questa città. Diamo nuova vita all'ucciso per accidente durante un'esecuzione, sentiamo a quali esperienze possono essere esposte ragazzine e ragazzini di questa città e il modo in cui le vivono.
Facciamo dunque scomparire l'autore nella più profonda oscurità possibile, per ascoltare solo i rumori intestini della città, alcune delle sue voci e osserviamo insieme se l'esperimento riesce. Diamo quindi lin­guaggi adeguati a ognuno per quanto possibile e attendiamo l'effetto.
Soprattutto poi, nel leggere, osserviamo. Guardiamo le sfaccettature incredibili di queste foto, i paradossi allucinanti che ci insegnano. Sono foto illuminanti, foto che basterebbero da sole, ma cui uno strumento in più era necessario, a mio parere, per ottenere una completezza totale.
Cos' facendo, il dipinto è finito in pochi rapidi tocchi.
 
Concentriamoci allora, diveniamo noi, per una volta, attoniti e im­mobili scrutatori e impariamo a osservare e ascoltare. Vedrete che è al­l'impatto con il reale dei sentimenti, e non a quello con la cronaca nera che la Napoli delle fantasie, letterarie e non, si sgretola.
E così i personaggi di questi racconti che, ricordiamo lo, sono altret­tante persone reali nelle splendide fotografie di Renna, e hanno diretta­mente ispirato questi racconti, ci hanno prestato la loro apparenza per­ché noi potessimo dare voce al non detto.
Si esprimono con una lingua tutta loro, ibrida e volgare in alcuni ca­si, affettata e desueta in altri, lirica e seria dove era possibile. Questa è però la lingua reale con cui ci si trova spesso a confrontarsi vivendo la città, ascoltandone i lamenti appena oltre i rari recinti borghesi di ipote­tica protezione della specie, che comunque, inutilmente, cercano di pro­teggerla da se stessa, ignari di condividerne in pieno le sorti, e la cui de­cadenza è forse ancora più drammatica e oscena, non essendovi nemme­no la miseria o l'ignoranza come comprensibili attenuanti.
Sapremo allora che le mille rinascite della città, se questo è ciò che ab­biamo oggi, sono altrettanti aborti, beffe politiche e speculazioni di im­magine. La verità è quella che vedete in queste foto e le sfumature della mentalità contrastata tra bene e male dei napoletani la leggerete nei rac­conti, ed è se non tutto, molto. Noi dobbiamo cambiare, crescere, è giu­sto, ma abbiamo bisogno di tutto.
Vale la pena di smetterla quindi di mischiare le carte, e senza dare ra­gione al lombardo Bocca che se pur incisivamente ha raccontato solo la retorica dell'ovvio, senza sconfessare le "rivelazioni" di Gomorra, che nel suo tuffo tra fiction, realtà e atti giudiziari ha comunque avuto i suoi meriti nell' accendere i riflettori, cerchiamo di capire che Napoli è anco­ra e soprattutto la sua gente e lasciamo quindi parlare il silenzio, quello delle vittime e quello dei carnefici, la città, tutti noi. Perché un pezzetti­no del nostro mondo c'è in ognuno di questi tragici personaggi. Loro ci racconteranno davvero qualcosa di particolare.

Ad esempio quella semplice verità che nessuno osa dire fino in fondo e cioè che Napoli oggi è una città morta, e che parlarci addosso non le re­stituirà la sua vita di un tempo, anzi, solo riconoscendo che il cadavere puzza, possiamo deciderci finalmente a dargli sepoltura. Ma dove è nascosto il corpo marcio se non nelle pieghe di una menta­lità arcaica e nel pozzo senza fondo dell'ignoranza in cui ci affossano da sempre e in cui scegliemmo di rimanere in tempi molto lontani? Troviamolo allora!
Tumuliamolo per sempre, e che possa avere pace.

da Il  prezzo del sangue di Marco Salvia
Fotografie di  Stefano Renna

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