VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Maria Luisa Spaziani

   
Mi travolge Internet come un ciclone
Vidi morire sei persone, tutte
Non sanno più, i pali del telegrafo
Ha fatto bene , Gutenberg, a inventare
Un grano antico
Maceria di Provenza
Il dopo
Il calore giusto
Crisi
Il sogno giusto
Alle vittime di Mauthausen



Mi travolge Internet come un ciclone

Mi travolge Internet come un ciclone
di voci aliene. Così in una festa
ben preparata, con amici scelti,
irrompono fameliche le turbe.

Pietà per i granai con tanto amore
raccolti lungo gli anni. Cavallette
terribili si annunciano e divorano
il nostro tempo sacro.

Vidi morire sei persone, tutte

Vidi morire sei persone, tutte
più o meno ferite nell’anima.
Le medicine a mucchi, e i professori
che oliavano ogni minimo ingranaggio.

Il midollo, il prozac, le anfetamine,
trasfusione , trapianto, trinitrina.
La grazia era svanita, la rugiada
che al sole si ritira da ogni foglia.

L’insieme era forse riparabile.
Ma se ogni corpo umano è una Ferrari,
per un’ultima volta indagine si accerti
se resta il carburante.

Non sanno più, i pali del telegrafo

Non sanno più, i pali del telegrafo,
d’essere stati alberi.
Non tentano nemmeno, a primavera,
di emettere un racimolo.

Grazie a Internet e fax ormai li abbattono
per la seconda volta. Sono stati
utili settant’anni , più  o meno
tanto dura il destino di un uomo.

Ha fatto bene, Gutenberg, a inventare

Ha fatto bene , Gutenberg, a inventare
i caratteri mobili. Si pigia
un tasto e già la lettera s’incastra
nella giusta casella.

E lo scrivano infine si riposa
dopo tremila anni. Ma s’inceppa
a volte il meccanismo, e ci sghignazza
in faccia quel nonsenso.

Un grano antico

Ho sangue etrusco nelle vene, e forse
sangue di nomadi dagli occhi a mandorla.
una trisnonna di mia madre un giorno
lasciò , si dice ,la tribù sposando,
tre volte maledetta, un vignaiolo
di terre monferrine.

Dall’altra parte, aruspici esentati
dai casti voti. Aprivano il fumante
ventre delle pernici per estrarne
fasti e nefasti oroscopi. Volterra
rispondeva a Grosseto con segreti
triangoli nel cielo. Nel museo
di Chiusi dorme un’anfora, mi guardano
le iniziali confuse del mio nome.

Bel fiume lungo, fiume interminabile
che  ci trasporta, noi, goccia su goccia.
Sento sopra le spalle quel tepore
di pianure d’Illiria e d’alto Lazio.
In me stormisce un grano antico, brillano
les neiges d’antan.

Maceria di Provenza

Fa’ che non le somigli
anche se m’innamora.

L’arco che abbraccia il niente
nel fitto delle ortiche,
il cardine divelto
su un baratro di spini.

Fu una città, si dice. Donne ardevano
in stanze ora abitate da un ciliegio.
In questo buio fisso della notte
àlacri  andivenivano  dei lumi.

Poi l’ultima delle anime si spense.
Il tempo pazientò secoli e secoli.
Bastò l’aria spostata da una rondine.
Ne sprofondò anche il nome.

Il dopo

I
Amarti è solo intuire la tua distanza.
Scoprire il lusso che traspare
insostenibile da una linea nuda.

II
Così rispondo a grandi lontananze
qui vibrando con nero su bianco,
così mi fondo agli eventi che taci,
barche filanti sull’onda del tuo nome.

Rispondo a misteriose lontananze
come l’alta marea che in silenzio
ogni volta risponde alla luna.

III
Vedrai, occhio di terra? So che avrò
una struggente fame
del colore dell’aria-

Mano di terra, sfiorerai
a marzo una  radice che si sveglia?

Giungerà fin laggiù, del primo merlo
quel CIAO un po’ confuso
con gli strilli degli angeli?

Il calore giusto

Fa lievitare il verso come il pane
nel forno al suo calore giusto.Senti
che anche il verso emette il misterioso
profumo della cosa riuscita.

Vocali e consonanti si alleano,
s’incatenano e fondono. Ne esce
lo spiritello d’Aladino e danza
su e giù per la stanza.

Crisi

La parola che odio se il ferro non si piega,
se la fucina interna langue,
la parola che transita, cadavere
sopra l’acqua stagnante-

la parola , la figlia notarile
di cento dizionari, la farina
vergine d’acqua e di lievito, lontana
dal farsi pane.

Il sogno giusto

Se faccio un sogno, e poi
me ne nascono versi,
quei versi sono il sogno
che sognate con me.

Attenti ad incarnarvi
nel giusto. Nascono
da una pagina scritta, in fitta schiera,
mostri, presagi o angeli.

Alle vittime di Mauthausen

Troverò in paradiso le parole non dette,
capitelli di colonne rimaste a metà.
Scaglie di stelle esplose, private di ogni luce,
antiche fontane secche che ritrovano il canto.

Troverò in paradiso quel macilento tralcio rosa
che a Mauthausen fiorì dietro la baracca quattordici.
Avrà i suoi occhi ogni cosa capace di durare,
miracolata, innocente, ostinata e radiosa.

Troverò in paradiso la tua e la mia pazienza.
Ne faremo un collage con rendez-vous mancanti ,
e velieri arenati, e brandelli di scienza,
bandiere intrise  di pianto, ostinate a sventolare.


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