VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Carmelo Pirrera

   


 

1. Stanza con vista sul mare (I)
 
Stormi di procellarie
hanno accompagnato lunghi mattini
e le cronache dei guasti - Chernobyl -
confuse a frivolezze d’ogni giorno.

“Carpe diem”: si vive giorno per giorno
ci si sbarba
senza far caso alle nuvole
che ci invadono il cielo
e spazi d’anima.

“La carne è triste, ahimè!”
Nessuno legge libri
o scrive lettere.
Non rimane uno straccio di certezza.

Sogni consunti spingiamo con fatica
per stagioni e mattini,
lunghi mattini - hai detto - attraversati
da voli e brividi,
con addosso cuciti come un saio
tutti gli inverni della scontentezza.


2. Stanza con vista sul mare (II)

Sempre ho dinanzi agli occhi
la finestra: -Vista sul mare.
Mobilio dozzinale
e paralumi con qualche pretesa.

Il mio viso disfatto dalla veglia
s’incontra nello specchio: gli occhi rossi,
in questa stanza, terra di nessuno.

E’ Manet che intristisce alla parete
muto tra cose mute
e io ti chiamo con mille
nomi di donna. Diotima.

Qualcuno t’ha detto di un frutto
diviso in due parti e gettato
sulle strade del mondo;
t’avranno narrato viaggi - e ritorni
tacendo le soste forzate
in città senza nome: una stanza
con vista sul mare
e passi discreti, leggeri
nei corridoi in penombra.

Non sapremo mai chi è passato
ed è come
non avessimo avuto mai occhi.

 
3. Stanza con vista sul mare (III)
 
Le soste - dico - dove raccolto s’aduna
ogni riporto di pena. Ci sentiamo
un po’ zingari, un po’ naufraghi
o le due cose insieme.
Né le pareti somigliano
a pagine ove indugiava
la mano che muove il racconto.

Varranno qui le norme d’una volta:
prima donne e bambini
poi i vecchi
consunti da lunga pazienza,
Anchise con api negli occhi.

Su paesaggi d’ingenua cartolina
si dilata silenzio
e si estende
come una coltre di scordata sera
e di mille altre cose che furono

e sono lago e memoria.

 
4. Stanza con vista sul mare (IV)

Lago triste dei cuore,
lago triste
nelle mie mani un’altra stella rotta.

Confusi volti di perduti amici
ciechi, dietro polene senza occhi.

Uno, un poeta,
nacque e morì a maggio.

“E dissi: - 0 frati che per mille milia…”

Le frasi rotte di discorsi rotti
ritornano alle labbra,
ci fu chi disse: - Cazzo! non è gioco
se a barare di mette pure Iddio.

Ma bisognava ritornare al vino
alle femmine, al mare. E ritornammo.

Stanza con vista sul mare.
Oggi ho scoperto di non amare
i numeri e le chiavi,
solo vele lontane.
 

5. Stanza con vista sul mare (V)

Ossòlemmìo. Intanto un altro inverno
s’avventa a scardinare le finestre.

E’ un purgatorio
questa sala d’aspetto-dormitorio
e nessuno che parta. Qui s’aspetta
sferruzzando nel buio una coperta
di fiati e di sospiri,
altro legno o convoglio
che muova verso un sonno silenzioso
di bianche ombre,
bianco come un paese senza nome.

Chiudi ora gli occhi.
Le parole danzano
al loro stesso suono, smemorate
estranee già alle partì del discorso.
Non ricordare nomi, volti. Gli occhi
li hai già perduti in cieli d’antracite.

Respira piano.

 
6. Stanza con vista sul mare (VI)
La farfalla di Brodskij

Ho tutto questo dentro,
tutto questo
mentre ti parlo contro un muro d’ombra
di libri che non servono a nessuno
(il mio castello inutile di carta),

mentre ti chiedo che colore hai gli occhi
cercando il mare forse, un altro mare.

E la mano che plasma le parole
come ombra d’uccello prigioniero ,
esita nel tentare una carezza.

Non puoi capire,
ho tutto questo dentro
ed altro ancora,
ti ho detto già dei numeri e le chiavi.
Tacerò delle rose senza maggio.

Dalla tua stanza non si vede il mare
ci crediamo distanti (una fortuna).
Ma stormi di procellarie, Solemmìo,
da sempre ci accompagnano invisibili.

 
7. Il porto

C’è tutta una abusata
letteratura sui porti
che li popola spesso
di puttane
con gonne corte
e lunghissimi bocchini,
di ciurme avvinazzate,
di sirene.

Niente di tutto questo,
solo noi
e nella fioca luce voci fioche.

Noi e il nostro silenzio,
un greto di loquela disseccata.
E nel silenzio
ognuno chiuso e solo.

Noi taciturni e il mare,
ferma distesa nera che separa,
privo di risonanze e di aggettivi,
nero di colpe.
Solamente nero.

 
8. Lettera dal polo
per Iosif Brodskij
 
L’incendio l’esilio la neve
e una farfalla in prestito - mai resa
annovero tra i debiti insoluti.

Ed anche nomi d’alberi: betulle
cenere e boschi
- la quercia di un racconto
ed imperi nel fondo degli oceani
anch'essi impelagati nel discorso.

Ecco ti scrivo,
Ragazza dei Botticelli
- Venere o Primavera
prigioniera
nel tuo maggio di rose.

L’esploratore qui si mangia i cani
e piange su una carta disegnata
di fiumi azzurri , inchiostri disseccati
per vanita di sterili parole.

E l’esule si sta mangiando il cuore.

Immagini dell’Est
trovano spazio nella nostalgia,
anch'essa cane dietro la sua coda
e iniziali, maliziose alludono
a una marca di whisky
ora che il freddo spinge nelle bettole
Ahab e Nemo
- compagni di un solo naufragio,
le batbe inverdite di mare.

(il cuore costante)

 
9. Traghetto

Duello all’ultimo sangue
per la stella che oltre la foschia
ammiccando con moto impercettibile
trasmette al capitano
- il solo che la intenda - i suoi messaggi.

Un fuoco sulla riva è altro segnale
di naufragi appena simulati
e di speranze appese
a corroso sartiame.

Bocca rossa, non vale una crociata
né avventura o sospiro
il tuo richiamo.
Le stelle sanno e dicono tacendo
favole storie e tempi di ventura
qui frittura di pesce
per la ciurma.
 

10. Il marinaio di Colombo
 
L’uomo che gridò: - Terra! Terra! Terra!
aveva gli occhi pieni di mare
e nette orecchie, insonne,
il suo respiro.

- Terra!

e già pensava alberi d’uccelli
mattini d’erba
case donne bettole
viavai di gente allegra nei mercati
tiepide spose farsi alle finestre
tra vasi di basilico.

E sospirava: Terra
(addio gabbiano bruno)
quasi piangendo: - Terra
pensando foglie e bare. Terra,
diceva: - Terra
con una nuova nostalgia di mare.