VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Alberto Maria Moriconi

   
Da : Io Rapagnetta Gabriel

Svanisce Fiume…
  “A chi l’ignoto?”
   “A noi!”
“E viva l’amore, alalà”
  chi ‘l tenerà legato?

Dice:
 “Sono … Come! Sapete,
mi ricordate?!… “Il Vate”!
Lasciate : “Gabriel”.
Rapagnetta D’Annunzio Gabriele, fu…
Dell’Annunzio! Ho eccitato di me un’èra.
Sviato, dicono.
Falso poeta falso eroe soldato
falso. E fals’uomo… - In Vittoriale! – I debiti
della mia Capponcina erano schietti,
come i latrati dei falbi levrieri
la cui muta dispersi avanti ai sordi
lupi  (ai miei canti).
E schietto il pianto dell’Oceano, misto
del mio su dune eterne, su brughiere
che, dove il sale non essiccò, un rogo
venne  con turbo salso a far cinigia:
i pini incarboniti (musicali
già di pioggia, ma altrove, e in altro me):
sol non tocco da vampa
un avvallo di vili felci, e ampio,
lucente, fra quei ceri
arborei  neri: bassura sicura…
Non , come scrissi, in arcioni: a piedi:
tossivo fumo e strinavo suole,
palpebre lacrimose.
Lo schietto pianto dell’Oceano , misto
del mio non visto : avevo legalmente
torto (col retto scherno degli uscieri).
Se hanno legge sparvieri manieri,
se ha torto tra gli effimeri l’eterno…
- Oh, perdono, mio Dio.-

Perpetuo assillo , si, d’Eros: ma più
e più volte schiett’impeto, una furia
d’anima ,
pur se col disinganno
presto seguace: e pur pietà segreta
a un falso obietto
già adorato
mi trassi anno su anno
spesso, col disinganno… indi scattavo
come il mio Silvano, come il morello Prete
oltre una fratta dell’agro romano.
Schietta Eleonora profonda multanime
alle sue folle, senza mai la maschera:
e troppo , giuro , con me Foscarina!
Ch’io di più amai l’irridente monella…
che non cercai.
Imitatrici mie: la Barbarella
finanche, e Sandra: Artemide , men casta
e oh più bella
(ma poi fu solo Maria di Gesù…).
Ed Olga, che mi si bruciava in Elena
Amiclea: per le pagine di un libro.
Piacere , Fuoco : l’autentica pena
        che ho volta in giuoco…Meglio,
a mio vero bene meglio
patir con te , Maria Gravina ,
amara partoriente, assedio e onte,
nella casa fra campi di Resina
presso alla lena sanguigna del monte…
O la schietta, la pura, altra Maria;
che un quasi collegiale
povero si rapiva.
La verginetta e il palazzo ducale
messo a rumore da fresca pazzia…
Ma presto il collegiale ti fuggì.
Oh pei decennii spina occulta, sposa
orgogliosa, pietosa, amorosa,
che non volli vicina. Spina, qui,
spina, quel tuo spuntato, arreso amore,
vedova mia.

Tutte l’alcova esigevan dell’idolo:
canoro: e minimi doni di canto,
non melica voluptas.
Che struggibuco! che tempo! Scappavo
Nei conventi; da vero...


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