VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
Electronic Center of Arts

Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Elvira Manfuso

   
1. Mercanzie natalizie

Bistrata di nero sotto una frana
di addobbi, ammicca alle vetrine
a mostri di plastica, la città
in ginocchio come un albero
di Natale
In corso Umberto su banchi
di vendita tra mercanzie
natalizie, c'è chi compra
"frasi d'amore"

2. Parole

Una lampada solo che cerchi
nella notte obliqua
        -datemi-
una parola che sia
Come il nettare all'ape
la scaturigine al rivo
la luce al sole: a sé
bastevole sia. Parola ancora
caverna del cuore, luogo
del respiro stesso della terra
Vedo bianche parole di luna
salire sulle gole dei monti
nei silenzi delle voci
E farsi rutilanti nel clamore
del giorno, enfiate nei vortici
neri di fumo, issate tumefatte
su altri stendarti, legate
a multicolori bandiere
inchiodate su tavole di carta
Su maschere di volti incise

Larve di parole a ornare

corrusche come pietre reticolati
di sangue. Parole
vendute sui banchi delle sinagoghe
e in lotta ancora col vento
sui pinnacoli dei templi
Vanno su prati paonazzi
sverginate parole
accecate nel sole. Cercano
resurrezione
Dove un umile poeta
che ancora possa darle alla luce?
 

3. Pasta di sale

Pasta di sale per giocare, pane
di mare per modellare sogni
di forme varie, sogni ponderali,
tinteggiati e inscatolati,
sogni senza speranze: le nostre piste
brevettate, ribaltate su cieli
a portata di mano per questi
figli dagli occhi bassi.
Pasta di sale cementata
per termitai di città tentacolari.
 Il sole a volte si apre incunaboli
 tra capi chini, vanga rigogli
 di spighe e ne fa cirri di fiamma.
Così uno di quei giganti
si è sciolto in piedi come pasta di sale.
Nell'empio petto cementato
ha soffocato come un sussulto
rossi aneliti di sole e di vive
creature.
A cercare ragioni tra ordigni
di morte si aggirano in tanti;
i loro son passi che calcano sabbia
non hanno memoria
 Nelle città tentacolari
 anfitrioni cordiali brandiscono
 stelle filanti e fuochi artificiali:
 annunciano se stessi
 battono le mani anche quando
 fumigano nere di petardi
Altri portano addosso come fasce
d'onore certezze blindate; sfilano
in corteo, innalzano stendardi,
contrade spiegate di nuovi stendardi;
non vedono che il vento se le porta via.
C'è qualche poeta
nelle notte migliori, è quel cane
randagio- se ne trovano ancora?-
che latra alla luna.
 

4. Luna rossa

L’occhio va al pulcinella, al filo
che lega la sua bellezza
ma sulla faccia tonda della notte
la mezzaluna pencolante ha steso
un lungo strascico brulicante
di plancton siderale, forse uno sciame
di lucciole serrate in folle danza,
deliranti di vita.

Mi sta di fronte la notte,
una come tante,
ferma e silenziosa.
Vigila materna
sotto il ciglio di luna
turgida di luce.

Il tuo volto in me
si dilata, concavo e vuoto
come prateria di tenere acque
 

5. Accordi

Lo porto con me per via
quando riprende il suo pianto
perché il vento lo culli
il mio dolore.
 

6. Incontro

Mi portavi al mare
in carrozzella –raccontavi-
che avevo due anni, io e te soli
e avevo gridato quel giorno
di dolore ché ti eri allontanato
di qualche passo a riempirmi
di acqua il secchiello:
temevo mi avessi abbandonata.
Riprenderemo da quell’incontro
ad andare, quando anch’io
avrò lasciato le cose.
Avrà fine allora il grido
del cuore al chiudersi di tutte
le ferite e nelle tue mani
il Padre avrà versato
ad una ad una in questi
lunghi anni di attesa
le Sue parole di amore.
 

7. Rosso vestito 

Ho spiegato orizzonti di sole
che un rosso vestito
di tenera garza lasciato
a tramandare in fondo al cassetto
memorie di giovinezza.

Si sono riaperte strade
di luce strappate al mare
Palau, Cannigio, Positano…
vive
come ciottoli bianchi.
 

8. A Julia

Mi chiedo chi sei tu leggera
venuta a posarti nella mia vita
come boccio di fiore d’arancio
spiccato dal ramo.

dolciore d’autunno.
Non sei l’evanescente farfalla
che sul pulviscolo danza
in schermaglia coi raggi del sole.

Se mai tu occhieggi sulle rocce
come il granchio, frutto di mare,
risuoni come una cava conchiglia
che fiata di bora salina.

Mi scruti spoglia di parole,
ferma e buia come castagna
sotto la brace.

Sei il ceppo dell’oggi che vive,
che i miei occhi accarezzano,
la scorza dolceamara del legno
che a sé mi lega.

Se volgo indietro lo sguardo
vedo una culla che si dondola
vuota, l’ hai tu relegata in soffitta,
con un ruvido tuo cipiglio.


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