VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Angelo Lippo

   





 
1. La vita si scandisce limpida

Tenta il volto fiorito
di donna - aereo - il rosso purpureo
del prelato che, ammiccante,
dialoga,
poi, campeggiando al centro
stimola fantasie
e disegna orizzonti lontani.
E rimira oltre.
Oltre.

(Nel gazebo rotto dagli inviti
e dalle domande
troneggiava
quasi a custodia del pensiero
che ricercava le origini,
nel tempo s’inseguiva a delineare
il disegno perfetto di un intreccio
di verdi e rossi squillanti
tra baluginii di promesse
forse si tentava la sorte:
la storia
che per farsi modus vivendi
abbisogna sempre -
dell’Oltre).

Fecondità di donna
pure emerge ovattata
si disveste - nudo il dorso -
ammiccando di gioia
nel suo essere pudica,

negandosi alla fonte
del desiderio che s’allontana,
al di là dei sogni che bruciano
negli occhi dell’antico Leone
dormiente,

nelle mani le tavole della Legge
sui destini degli umani.
(Allegorie del sogno
o sogni di una allegoria?).

La vita si scandisce limpida
alle foci dei fiumi, e noi
ingemmiamo di mirto
il respiro del mondo.

 
2. Radi setacciano i gabbiani

Radi setacciano i gabbiani
a filo le bianche vestigia
e madreperlano l’orizzonte.
Si alzano nenie pastorali
e donzelle volteggiano ai bordi
con negli occhi la magia
di una musica che si spegne assorta;
da troppo tempo abbiamo dimenticato
i ritmi e le cadenze di questi liuti
per poterli ora ripetere. E il vento
goffeggia tra gli arbusti grigiastri
camuffandosi come un istrione.
Qualche scalpitio trasale da chissà dove
certamente il convito altrove
e pure i banchetti e i suoni;
così la rutilante luce
che segna l’orizzonte
è un rosso che non lancia auspici.

Tutto intorno si infiamma e ombre
lunghe camminano invadono calpestano
la distesa delle acque.

 
3. Le stagioni sono cambiate

Le stagioni sono cambiate
i ritmi i costumi. Tutto.
Oh! il mare. Oh! il mare.

Leggere fluttuano le acque
e al di sopra l’Apostolo
inizia a benedire la folla

l’onda si allunga
si allarga
si flette
si genuflette

si inorgoglisce
si irrobustisce.

In nome del Padre
del Figlio
e dello Spirito Santo.

Il mare.
Il mare.

 
4. Secondo seno (I)

Qui attesto e certifico
la mia nascita dal fiore
salmastro, e mi dilungo
a bisbigliare fra i canneti
il sogno dei tempi.
C’è sempre qualcuno che finge
o tace la verità, ma la memoria
esiste per questo, per scrivere
dello sguardo vetusto lasciato
a mezz’asta sui torrioni dell’Aragonese.

 
5. Secondo seno (II)

In due ti spacchi per denudarti
come melagrana e con te convolo
a nozze e ascolto l’eco prolungata
delle tue onde alla rada dove il ponte
di comando si anima di allegre voci.
Dalla mia stanza ti parlo
e ti sento compagno attento
nel battito levriero che serra
stretto i simulacri dell’ora.

 
6. Secondo seno (III)
 
Perché il cielo incendi e
circondi il bianco tuo seno
non so ancora, eppure mi stendo
tra i fuochi del cielo specchiato
e lascio che il sangue scorra
come pioggia fluente e si nutra
del miracolo propiziatorio.
E negli occhi mi salgono
a fiotti il ricamo delle ortensie
e tutti insieme vibriamo
e tutti insieme cantiamo.


 
7. Secondo seno (IV)

Qui soppeso il destino delle maree
e chiamo a raccolta il cuore
perché le tue acque vibrano
di conchiglie dai suoni melodiosi,
e i pensieri che sanno di spiagge
finiscono per ornare i miei capelli.
Più oltre la Marina, sottobraccio,
si accendono le lampare e nella
nudità della luna, le mani sanno
il tempo e il vento della semina.

Galleggia argenteo il delfino.

 
8. Secondo seno (V)
 
L’ebbrezza di toccarsi, di nascere
e nel tuo abbraccio svegliarsi
dipinti dalla luce dei flutti;
ecco, posso tendermi, lanciare
la mia freccia e ignorare il dolore
e magari stendermi al fiume
per domandare ancora la dignità
del Galeso e della sua brezza.
 

9. Secondo seno (VI)

Con gli occhi mi prolungo,
meglio registro il cammino,
e se davanti mi sfilano messaggi
di tribù industriali, io ti saluto
col volo alto dei gabbiani.
Non ho paura del vestito grigio
né dei suoni offuscati, dentro
mi vivo la magia del tuo fluire,
la flessuosità rotonda del sole
che si tuffa a picco, ancora,
sempre, prima di andare a dormire.

 
10. Secondo seno (VII)

E ti festeggio ancora
dalle schiume verdi degli eucalipti,
lanciando memorie
messaggi, richiami,
vestito di bianco,
piumato come un sogno
e sento che tutto marcia forte,
come una fanfara a trombe spiegate
e la luce che infiamma di qua,
di là, la nascita del silenzio.

Il mare.

Il mare.

 
11. La valle dei Mòcheni

La valle dei Mòcheni
Difficile costruirsi
un’anima sorretta da assicelle
si tenta scardinare l’ingresso
soffiandovi tentazioni e chiamando
a raccolta il buio che governa
dall’alto della sua onnipotenza:
Dio che cammina a folate lunghe
sui dirupi delle domande,
rena che sbrilla al sole della paura.

E dirsi poi come mai
il monte si slabbra arcigno
narrando tra storia e leggenda
la sicumera del vento che
orgoglioso nella valle sparge
il profumo dei gerani solitari.

Insegue il tuo ricordo:
smagliata luce di inconsueto
e brucia sanguigno il seme
rigeneratore dei miti e dei templi

- gli eroi conservano
il loro sangue nobile -

(ti scopro nuda come il seno
di una fanciulla all’argine del fiume)

ancora parlarsi
inumidirsi le labbra per rinnovare
il brio delle parole nascenti

per noi nascondigli braccati
dalle volpi che ne conoscono
una più del diavolo;
nessuna traccia da rimuovere
o pensieri da auscultare, troppa
luce inonda le pupille
per azzerare il capriccio della sosta

(salsedine si sbriciola ancora
dalle narici per non tacere
la fonte da cui si giunge)

ti ho pensata, luminosa:
il mio volto
in te rinverdito

si estenua il momento
e si trascura anche il volo dei passeri

(la luna è umida, candida veste
germoglia acini bianchi
sugli strapiombi)

io che non ho saputo costruirmi nulla
resto appeso
isolo batteri per darmi un nido
e mirandoti da lontano
nel mutarsi dei segni
lancinanti
guato l’evento che di là s’approssima
memore di quanto accaduto

- l’ieri
che è domani
ci costruisce sempre una nuova fioritura:
un odoroso prato di acacie.


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