Il
segno della femmina
                  
                  
                  
                  
                  Il
segno della femmina 
                  
                  I
                  
                  Cosa portargli se non quattro elementi
per cena
                  
                  e l’animale
rosso che batte
                  
                  sangue
                  
                  dentro le mie
costole.
                  
                  Aprirò il
pane con un solo
taglio
                  
                  di lingua.
                  
                  Il suo petto
                  
                  con la mia
nudità regale.
                  
                  Offrirò gli anelli
                  
                  della mia spina
dorsale
                  
                  i miei diecimila
anni per terra.
Quello che vuole:
                  
                  entrare:
                  
                  un lunghissimo viaggio preistorico
                  
                  dentro la mia
aorta
                  
                  meraviglia.
 
                  II
 
                  
                  Che cosa racconti non so
                  
                  le parole
                  
                  se non in bocca quando mangiano il
mio rosso tenerissimo
                  
                  capezzolo
                  
                  la
rotondità il respiro il
ritmo.
                  
                  Mi dispiace non
capisco
                  
                  l’alfabeto le cose non so
                  
                  capire. Non ho
il peso
                  
                  né la
testa.
                  
                  Sono in amore: comanda leggerezza
                  
                  cuore e pancia
                  
                  la resurrezione
allegrissima
                  
                  del mio inguine.
                  
                  Ronzio estivo e
frizione dei globuli
nel sangue:
                  
                  l’accoglienza
concava tra le mie
cosce
                  
                  mi allarga.
                  
                  Mi rende non
semplice ma elementare.
                  
                  Gioco nel tuo bosco: l’ascella.
                  
                  Mi trasformo in
arte. Piena di grazia:
                  
                  Ave.
                  
                  Silenzio e grazie
                  
                  per la tua
lingua in bocca che mi
attraversa
                  
                  per il tuo
portarmi in cielo con
le mani.
                  
                  Al sole.
                  
                  Fare abbondanza
felicissima:
                  
                  qui ora
                  
                  in tutta 
la nostra terra.
 
                  III 
                  
                  
                  Com’è il tempo
                  
                  la mia saliva calda piove
                  
                  con leggerezza
minuta lentamente:
                  
                  sbriciola le tue
pietre l’io
                  
                  i nomi le facce
le date scende
                  
                  crolla tenerezze
                  
                  riempe i pozzi
segreti della tua
fronte.
                  
                  Le rughe offese.
                  
                  Sei nudo perché faccio estate
l’intimità
                  
                  che ho voluto
vedere.
                  
                  Baciarti rospo e
principe:
                  
                  la mia
stregoneria.
                  
                  Lecco il sole che brucia dentro il
tuo orecchio.
                  
                  Il tuo
equilibrio nel labirinto.
                  
                  Le correnti dei
fiati.
                  
                  La lunghissima
curva camminata con
un dito
                  
                  mi porta alla
nuca. Ti stordisco.
Segno
                  
                  il silenzio
primordiale
                  
                  nelle
profondità tremende
del tuo ombelico.
                  
                  La mia lingua cade tutta tua
                  
                  per il piacere.
                  
                  Qui cielo terra
mare. L’apertura.
Il divenire
                  
                  del linguaggio:
                  
                  tu l’ultimo
abitante del creato
                  
                  che entra esce
viene
                  
                  mi rende il
corpo felicità
intera.
                  
                  Sperma e miele.
 
                  IV 
                  
                  
                  Quando i miei amori benedicevano
la natura
                  
                  tra le mie cosce.
                  
                  La calda
tenerezza della mia coppa
                  
                  con cui brindare
all’avvento
                  
                  della meraviglia:
                  
                  la loro lingua pesciolina in
silenzio 
                  
                  lì.
                  
 
                  
                  IL GIOCO NELL’ORTO
                  
                  TRA LA MIA BOCCA
                  
                  E L’UNICA
CILIEGIA DI MAGGIO
                  
 
                  
                  Cos’è questo zucchero intero
                  
                  che non conosco
non vedo
                  
                  che ogni volta
non conosco
                  
                  Lo
sento lo voglio
                  
                  re
                  
                  e
l’incorono dentro