VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Federico Condello

   
1. Primo movimento
2. Secondo movimento
3. Epilogo
4. D’un filo senza nodi
5. Detto dicendo
6. Materia cera
7. Materia polvere
8. Paca la polvere ridendo, e sali
9. Credimi creta. Ora si scinde nube
10. Cùrvati sotto le mie dita, perla
11. Livida polvere traspare in questi
12. Tre madrigali (I)
13. Tre madrigali (II)
14. Tre madrigali (III)



1. Primo movimento
Ad Elena B.

Forse s’accende del tuo nome questo
filo di luce che m’infatua, forse
le pagine trascorse
sotto i tuoi pollici affrettate, senza
leggervi nome che non fosse nostro,
bruciano in cenere sottile, o stridono
contro lo stile che v’istoria nuove
lettere in nuovo inchiostro.
(Vedi, un rovere
di fragili radici ora s’inclina
sul loto del marese per riflettersi
miraggio fra la ruggine acquastrina: e vedi, un astro
di sale ora si spegne, ora s’incendia
per sciogliere il suo nodo vanescente
nel cielo tinto in glastro).

2. Secondo movimento

Fingi, se puoi, d’aver udito frangere
la brina livida che adorna i tuoi
cigli e s’invetria nella trama ruvida
che nessun vèrbero di luce o albore
nuovo traversa.
Mentimi, se puoi,
d’aver visto brillare il brolo d’alghe
gelide che germoglia sui paduli
d’inverno, dove l’acqua vibra e bùlica
da polle silenziose, dove sale
piano un vapore nubescente e scioglie
sulle tue guance gocce amare come

rugiada sulla gàlega.
(Ora il ciòttolo
che scagli infrange l’onice
screziata dello stagno, e qui dà centro
perfetto alla spirale
di cerchi che s’allarga sino a spegnersi
sul ciglio del riale).

3. Epilogo

Punta la mano d’un granato – lieve
seme di balausta
nel centro del tuo palmo, – ora puoi dirmi
la resina gelata in una scaglia
di ruggine sul vetro, il lumicello
che sbieca cocci e ciottoli, barbaglia
dal greto alle tue ciglia, chiuse appena
per tempo ad evitarne l’incantesimo,
puoi dirmi le volute dei pavesi
spiegati sulla riva dove a giorno
brucia l’impronta che sorprendi indizio
d’un tuo passaggio che si fa ritorno,
ora puoi dirmi i sette roghi accesi
sul ciglio del crepuscolo che adesso
finge il colore delle tamerici
per tramutare la sua veste in tuo
riflesso.
(Ora puoi dirmi: e quanto dici
non durerà che un attimo all’incontro
dell’eco che l’investe).

4. D’un filo senza nodi
per E.B.

Vedi, è questo che dico, questo ch’ora
s’incendia e si dissolve, questo breve
livido che la luce imprime al vetro
contorto dal calore in altra forma
non sua, ma non ancora
d’altro:questo barlume che fa scheggia
contro lo schermo diafano dove arsi
s’inclinano i tuoi occhi catturati:
e scatta ora e s’inarca
lontano:cade altrove per sottrarsi
miracolo allo sguardo ch’ora tenta
di farne suo miracolo:
Cerchi senza confine, o di confine
così lontano che si fa più diafano
di spira in spira ad eguagliare il piano
dell’acqua(qui non basta
l’esile talismano di corallo
che pendi alla cintura, né la chiave
di vetro che t’ha schiuso il breve tràmite
concluso a questo greto)
Rèstati immobile alla sola soglia
che te divide dal tuo incontro, adesso
che i fili della rete dove hai tòrte
le dita per confonderti, si stessono
sottili in refe cèrulo:e la trama
perfetta rarefà, tremano in vortice
ritroso i primi fusi, e giro a giro
ti sciolgono al tuo serto
che si snoda
rapido sibilando:ora ne resta
vibràtile a fior d’aria un solo bàndolo
che trema e si ritrae come la coda
recisa alla lucertola

5. Detto dicendo
per Elena B.

Ma l’eco incredula che frange spine
d’oro in rabesco e si disfà, non dista
che poche sillabe alla fiamma incline
sul luminello che l’immilla: lìstati
della sua luce, se apre strie vetrine
nel serto dell’ardesia e alla tua vista
stupita già s’estende oltre il confine
diafano che t’è nome. Fa’ che insista
lo strido inavvertito ch’ora il sistro
del sole dura roco e t’interrompe
sulla parola specchio. È questo l’unico
fuoco che t’offra la sua scia di bistro
per risalire tratto tratto l’ombre
di questa notte senza plenilunii.

6. Materia cera
ad Elena

: per non conoscere riparo in questo
tempio di sale che la sera sgrétola
d’un tratto: per avere altro segreto
che un sibilo di fòlaghe, un canestro
di frutti inamariti, un macereto
di lapidi riverse: e il breve gesto
che sfiora l’aria come cera il cestro,
dà regola alla danza lungo il greto
bruciato cui confinano le incerte
mura della tua stanza: voce intesa
svanendo, nodo d’indaco alle dita
sottili che si stringono conserte
sullo stridìo della cicala presa
tua preda: spire d’aria che ora avvitano
cartigli sulla scìtale
spezzata( : segui quella che più rada
traspaia il vetro opaco della strada: )
(27 marzo 1999)

7. Materia polvere
ad Elena

dove ora ha limite il tuo nome e smuore
come la luce che trapela in rare
spirali il velo dell’ardesia, spare
di te ogni cenere: i tuoi giorni, l’ore
fatte cristalli, le tue tracce a fiore
d’acqua, le ciglia accese d’ombra: un fiare
di brina diafana arde al limitare
del tuo ritorno, una ghirlanda arbòrea
serra le tempie, dà uno strido il vetro
graffiato dallo stilo: un sistro d’aria
rompe il miraggio amarantino della
marea che ora s’inalba: brucia dietro
le tue palpebre un’ombra che non varia
se non al vento che fa gherminella
dei fili d’èllera
sulle pareti e della rara polvere
ch’ìrida il sole, un alito dissolve:

8. Paca la polvere ridendo, e sali

Paca la polvere ridendo, e sali
la breve sèmita che il sole arrugina
d’aurore. Vedi, i rovi meridiali
bruciano, brucia l’edera, balugina
la resina bruciata d’oltre i còrtici
cerulei della luce. Se ora mùgina
l’acqua per lunghi mulinelli, vortici
vanenti, brevi ambage, sui riali
ti levi. Poco indugi. Oltre le portici
vive del bosco ardono voci ambrali.

9. Credimi creta. Ora si scinde nube

Credimi creta. Ora si scinde nube
da nube, e crepita più sordo l’arpi-
cordo notturno fra le trame rùbee
che a tratti ondeggiano l’albore. Sciarbi
d’aria non variano la densa bruma
che sale ondando silenziosa in larghi
cerchi vapòrei. E la chiarìa raduna
crisalidi leggere come sùberi
sull’acqua, foglie seriche come una
pelle velata dalla prima pube.

10. Cùrvati sotto le mie dita, perla

Cùrvati sotto le mie dita, perla
pulvèrea, nodo d’onice, amuleto
ceruleo sotto i ceneri arsi per la
perfetta purità del primo vetro,
dove la luce trèmita e trascorre
mutata la mia immagine. Ora il greto
ruggìneo si rasciuga e fra le forre
s’insinua l’alba. Sibila un’averla
dal rovo. Stringi i salici a comporre
la rete che qui possa trattenerla.

11. Livida polvere traspare in questi

Livida polvere traspare in questi
calici calescenti dove scivola
riverso il nostro volto. I nidi intesti
di filo amarantino: il vetro vivo
che più riverbera se tu v’imprimi
tracce perlacee e ti ritrai: l’olivo
dai rami uncati che rasenta il limite
breve del botro e delle vie silvestri:
siano ora questi i tuoi ricordi, i primi
ricami incisi alle tue prime vesti.

12. Tre madrigali (I)
ad Elena

L’oiseau boit sur ta bouche et tu ne peux le voir...
Viens plus bas, parle bas... Le noir n’est pas si noir...
Vedi il cerchio di cenere e di terra
diafana che sottrae volute al vento
fra i vètrici e s’invampa del tuo fuoco
più tenue: vedi il cèrio che s’è spento
per non fiorire spiga a questo poco
di polvere bruciata: ora si serra
senza rumore il refe che ripete
spirali ai brevi nodi della rete:

13. Tre madrigali (II)

Mostrami dove l’eco fa riverbero
sul vetro raggelato: dove imprime
parola o solo un sibilo il sigillo
d’autunno sulle foglie delle gerbe
flesse a sfiorare l’acqua: ora lo scrimolo
del riale trema e cede al primo brillo
d’ali sulle garzaie, al primo moto
che accenni dal tuo piede: e sporge al vuoto:

14. Tre madrigali (III)

Se un battito di nottue sale e addensa
la saia rarescente dei profili
tatuati sulle sìlici, non credere
che l’eco duri alla tua sete o fili
nuovi s’intessano alla trama intensa
del vespero incendiato: un nodo d’edera
non basta a tanta polvere, non passa
per questa cruna il refe che fa gassa


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